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Per la Cassazione rischia il licenziamento il dipendente che aggredisce fisicamente il collega per futili motivi

RILEVATO

che con sentenza del 18 ottobre 2016, la Corte d'Appello di Napoli, confermava la decisione resa dal Tribunale di Napoli e rigettava la domanda proposta da Rosario Pezzella nei confronti della Schneider Electric Industrie Italia S.p.A., avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimatogli per essere venuto a diverbio con una collega ed averla aggredita per futili motivi;

che la decisione della Corte territoriale discende dall'aver questa ritenuto provato l'addebito e proporzionata la sanzione espulsiva comminata; per la cassazione di tale decisione ricorre il Pezzella, affidando l'impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, la Società;

che la proposta del relatore, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio non partecipata; che il ricorrente ha poi presentato memoria;

CONSIDERATO

che, con l'unico motivo, posto sotto la seguente rubrica "Violazione dell'art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5", il ricorrente, lamenta l'incongruità sia dell'iter logico giuridico in base al quale la Corte territoriale è pervenuta al convincimento circa la raggiunta prova dell'addebito, che, a suo dire, non appare tarato sul contenuto della contestazione e risulta fuorviato dall'omessa valutazione dell'attendibilità della teste vittima dell'aggressione, sia del giudizio in ordine alla proporzionalità della sanzione irrogata rispetto all'addebito contestato, a suo dire, operato in difformità dai criteri che secondo la giurisprudenza - di questa Corte devono presiedervi, ed in particolare senza dar conto della rilevanza della condotta in relazione all'affidamento del datore sull'esatto adempimento delle prestazioni future;

che il motivo deve ritenersi inammissibile, anche a prescindere dall'eterogeneità dei vizi prospettati, posti sotto un'unica rubrica priva di qualsiasi specificazione in ordine agli stessi, atteso che, come chiaramente emerge dalla motivazione dell'impugnata sentenza, da un lato, il convincimento espresso dalla Corte territoriale in ordine alla riferibilità al ricorrente dell'addebito contestato, almeno per quel che riguarda il nucleo essenziale dato dall'aggressione fisica in danno della collega, risulta sorretto dal riferimento alla sola testimonianza ritenuta attendibile in quanto basata sulla cognizione diretta ed integrale dell'episodio, quella resa dalla teste Festa, qui non contestata (sicché inconferenti si rivelano le censure sollevate in ordine alla non attendibilità della teste Silvestri in quanto vittima dell'aggressione, che, con rilievo qui ancora una volta non contestato, la Corte territoriale dichiara essere solo in parte coincidente con quella della Festa), come pure non contestati sono gli argomenti in base ai quali la Corte territoriale ha ritenuto di disattendere le dichiarazioni del teste Perrella, che pure offrivano sponda alla versione qui affacciata dal ricorrente, per la quale alle vie di fatto il medesimo sarebbe stato costretto per difendersi dalla reazione violenta della collega; dall'altro, l'assunto del ricorrente per il quale la Corte territoriale si sarebbe espressamente dichiarato impossibilitato a pronunziarsi in ordine alla proporzionalità della sanzione non trova riscontro alcuno, avendo, anzi la Corte medesima puntualmente proceduto alla diretta valutazione e con specifica attenzione al profilo di cui si è comunque adombrata l'omessa considerazione, dato dal vulnus che l'incapacità di autocontrollo mostrata dal ricorrente a fronte dell'ambiente in cui si trovava, della persona con la quale era venuto a diverbio, delle futili ragioni che lo muovevano inducono sul piano dell'affidamento sul futuro rispetto della disciplina aziendale e delle regole del vivere civile;

che, pertanto condividendosi la proposta del relatore, il ricorso va dichiarato inammissibile; che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed curo 3.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge

Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 18 aprile 2018

Il Presidente

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