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Il necessario accertamento della malattia come giustificazione del mancato rientro in servizio udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/05/2018 dal Consigliere Dott. Francesca Spena

RILEVATO

che con sentenza del 20- 24 gennaio 2017 nr. 338 la Corte d'Appello di Roma— giudice del reclamo ex articolo 1, commi 58 e seguenti, legge 92/2012— confermava la sentenza del Tribunale di Velletri, che aveva respinto la domanda proposta da ROBERTO PATRICELLI per l'impugnazione del licenziamento per superamento del periodo di comporto intimatogli dalla società NUMBER ONE LOGISTIC GROUP S.p.A.;

che, per quanto rileva in causa, la Corte territoriale osservava che il licenziamento del lavoratore era fondato sul fatto che alla scadenza della aspettativa non retribuita, concessagli a norma del contratto collettivo, questi non era rientrato in servizio per i successivi 12 giorni; la assenza, successiva alla scadenza del comporto, ne determinava il superamento, in quanto ingiustificata e volontaria. La mancata accettazione della proposta di trasferimento della società imponeva, infatti, al PATRICELLI di riprendere servizio presso l'originaria sede di lavoro mentre egli era restato volontariamente assente .

che avverso la sentenza ha proposto ricorso ROBERTO PATRICELLI, articolato in un unico motivo, al quale ha opposto difese la società NUMBER ONE LOGISTIC GROUP S.p.A. con controricorso;

che la proposta del relatore stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, ai sensi dell'articolo 380 bis codice di procedura civile;

che le parti hanno depositato memoria

CONSIDERATO

che con l'unico motivo la parte ricorrente ha dedotto - ai sensi dell'articolo 360 numero 3 codice di procedura civile- violazione e falsa applicazione dell'articolo 2110 del codice civile, per avere la Corte di merito erroneamente affermato che il periodo di 12 giorni successivo alla cessazione dell'aspettativa non retribuita doveva essere computato nel periodo di comporto. Ha esposto che tale assenza non era dovuta a malattia- mai comunicata al datore di lavoro né giustificata da certificazioni mediche- ma al suo rifiuto di accettare la proposta di trasferimento ad altra sede di lavoro, come accertato nella sentenza impugnata.

Il periodo di comporto comprendeva i soli giorni di assenza per malattia e non i giorni di assenza (ingiustificata) dal servizio per cause diverse. Ha censurato la sentenza per avere ritenuto computabile nella durata del comporto il periodo di assenza dal lavoro, successivo alla scadenza della aspettativa, richiamando erroneamente le pronunzie di questa Corte che, piuttosto, affermavano che il periodo di aspettativa era di valenza neutra ai fini del comporto.

che ritiene il Collegio si debba accogliere il ricorso;

che invero erroneamente la sentenza ha ritenuto computabile nel periodo di comporto la assenza successiva al termine della aspettativa in ipotesi in cui il mancato rientro in servizio del lavoratore era «volontario» ed «ingiustificato».

La attribuibilità della assenza ad una condotta volontaria ed ingiustificata del lavoratore (nella specie, mancata accettazione della proposta di trasferimento) configurava una fattispecie diversa dalla malattia— nel cui ambito rileva il periodo di conservazione del posto di lavoro previsto dalle parti collettive— ed, in particolare, una ipotesi di illecito disciplinare, operante su un piano ben diverso dal comporto. In sostanza, la sentenza ha confuso il periodo di comporto, che presuppone una assenza dal lavoro «giustificata» dalla malattia ed individua il momento in cui la tutela del lavoratore recede rispetto agli interessi oggettivi della impresa, con le ipotesi di assenza volontaria «ingiustificata» del lavoratore, che, per ciò solo, sono incompatibili con la malattia (e non rilevano, dunque, ai fini del comporto). In tal guisa ha altresì operato un mutamento del titolo del licenziamento, che è stato intimato dal datore di lavoro per un motivo oggettivo (è tale il recesso per superamento del periodo di comporto) e non per ragioni disciplinari.

Per sfuggire a tali rilievi la società controricorrente nella memoria ex articolo 378 cod.proc.civ. sostiene che la malattia del Patricelli doveva presumersi anche nel periodo successivo alla cessazione della aspettativa (1-12-settembre 2014); a tali difese è sufficiente opporre che di diverso segno è l'accertamento di fatto contenuto nella sentenza impugnata, nella quale si assume la assenza volontaria del PATRICELLI per mancata accettazione della proposta di trasferimento.

che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, la causa può essere definita in camera in Camera di Consiglio ex articolo 375 cod.proc.civ. con la cassazione della sentenza impugnata in applicazione del seguente principio di diritto: «Per la computabilità nel periodo di comporto del periodo di assenza del lavoratore successivo alla scadenza del periodo di aspettativa per malattia previsto dal contratto collettivo è necessario accertare, anche in via presuntiva, che il mancato rientro in servizio del lavoratore — o la sua successiva assenza—siano dovuti ad una condizione di malattia, non essendo invece rilevanti le assenze imputabili ad una sua scelta volontaria»;

che la causa deve essere rinviata alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente grado affinchè provveda alla applicazione del principio di diritto sopra esposto

PQM

La Corte accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia— anche per le spese— alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 10 maggio 2018

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