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L'illegittimità dell'anatocismo è da intendere in maniera unitaria, senza che rilevi la distinzione periodica della relativa applicazione

CONSIDERATO CHE

Con il primo motivo è stata denunziata violazione e falsa applicazione degli artt. 644 c.p., 1815 c.c., come novellati dalla I. n. 108/96, avendo la Corte d'appello erroneamente escluso l'usurarietà dei tassi d'interesse applicati.

Con il secondo motivo è stata denunziata violazione e falsa applicazione dell'art. 1283 c.c., avendo la Corte d'appello applicato la capitalizzazione annuale degli interessi in luogo di quella trimestrale ritenuta illegittima.

Con il terzo motivo è stata dedotta violazione e falsa applicazione dell'art. 1421 c.c., avendo il giudice d'appello ritenuto tardiva la domanda relativa alle spese, senza rilevarne d'ufficio la nullità per mancata previsione nei contratti di conto corrente.

Con il quarto motivo è stata denunziata violazione e falsa applicazione degli art. 112 c.p.c. e 24 Cost., lamentando la mancata rinnovazione della c.t.u. e la pronuncia in ordine all'applicazione del diverso tasso d'interessi indicato negli estratti-conto alla data del 6.3.02 prodotti dalla banca con la memoria ex art. 183 c.p.c.

Il primo motivo è infondato.

Al riguardo, i ricorrenti hanno lamentato il carattere usurario degli interessi applicati dalla banca nel periodo anteriore alla legge n. 108/96, invocando l'art. 644 c.p. nella versione vigente all'epoca dei fatti, ma senza allegarne gli elementi costitutivi e richiamando confusamente un livello-soglia che però riguarda la norma introdotta con la legge n. 108 con la modifica degli artt. 644 c.p. e 1815 c.c.

Peraltro, il motivo non indica chiaramente le ragioni della violazione delle suddette norme nella versione previgente sovrapponendo, come detto, profili di censura afferenti alle modifiche introdotte con la suddetta I. n. 108.

Il secondo motivo è fondato.

La Corte d'appello ha ritenuto inammissibile il motivo d'appello principale concernente l'inapplicabilità anche della capitalizzazione annuale perché domanda nuova.

I ricorrenti sostengono invece che l'accertamento dell'illegittimità della capitalizzazione trimestrale implichi anche l'estensione a quella annuale.

Non può dirsi corretta la motivazione della Corte d'appello perché l'illegittimità dell'anatocismo è da intendere in maniera unitaria, senza che rilevi la distinzione periodica della relativa applicazione, in conformità della giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di controversie relative ai rapporti tra la banca ed il cliente correntista, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente e negoziato dalle parti in data anteriore al 22 aprile 2000, il giudice, dichiarata la nullità della predetta clausola, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall'art. 1283 c.c., deve calcolare gli interessi a debito del correntista senza operare alcuna capitalizzazione (Cass., SU, n. 24410/10; Cass., n. 17150/16; ord. n. 24153/17).

Ne consegue l'erroneità della decisione impugnata nella parte in cui, implicitamente, ha affermato che la domanda relativa all'anatocismo trimestrale costituisce domanda diversa ed autonoma rispetto a quella sull'anatocismo annuale.

Il terzo motivo è inammissibile in quanto confusamente lamenta l'omesso rilievo d'ufficio di nullità di clausole dei conti correnti in tema di spese, laddove si tratta di doglianza riguardante l'applicazione di spese non previste contrattualmente; pertanto, non vi erano clausole contrattuali da dichiarare nulle ma, piuttosto, non vi erano clausole che prescrivevano le spese contestate.

Pertanto, la Corte d'appello ha correttamente ritenuto inammissibile il motivo d'appello perché afferente a domanda tardivamente proposta in primo grado.

Il quarto motivo, infine, è parimenti infondato in quanto l'art. 24 Cost. è stato erroneamente richiamato per la mancata integrazione della relazione di c.t.u., trattandosi di riesame del merito; inoltre, va esclusa l'omessa pronuncia dato che la Corte d'appello ha compiutamente chiarito le ragioni delle sue determinazione anche sul tasso convenzionale al 13,75%, laddove i rilievi dei ricorrenti appaiono non decisivi, generici e privi di autosufficienza.

Pertanto, in accoglimento del secondo motivo del ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d'appello competente, anche per le spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, dichiara inammissibile il terzo e rigetta gli altri.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso nella camera di consiglio del 12 aprile 2018.

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